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Sottomissione e sfruttamento economico del sottomesso

Da giorni mi girano molti pensieri circa la financial slavery�. Su alcune teorie che mi capita di leggere, sul supposto significato di profonda sottomissione che questa pratica implica.
Credo che a riguardo esistano livelli diversi:
1) il sottomesso che fa regali ad una Dom occasionalmente o su sua richiesta
2) il sottomesso che mette nelle mani della Dom i suoi guadagni
inutile dire che molte delle nostre mamme gestivano in toto gli stipendi dei loro mariti e che solitamente nei rapporti uomo-donna il dono e la galanteria maschile sono comportamenti diffusi ed apprezzati.
Ma in questo caso il significato della financial domination pare riempirsi, a detta delle sue sostenitrici, di un senso di devozione profonda.
Quello che a volte noto e' che per alcune diventa il valore assoluto o quasi, come se il senso del potere femminile si esprimesse al meglio.
Personalmente preferisco doni inaspettati o da me richiesti, il piu' delle volte richiesti con dolcezza e senza alcuna prepotenza, cosi come alla financial domme preferisco la prodomme.
Non credo sia una questione di termini, ma trovo che riconoscere pubblicamente e lealmente di essere una professionista del sm sia piu' chiaro e significativo. Oltre ad essere uno scambio leale dove ad una richiesta corrisponde una offerta, e dunque la prodomme almeno lavora!
Se immagino una situazione di totale dipendenza economica del sottomesso invece, mi sale una angoscia terribile! Sapere che una persona, che non sia un bambino, dipende da me in tutto e' un limite enorme alla mia liberta'. E per me disporre di un servo deve essere fonte di benessere innanzitutto interiore.
Non so' sara' la mia formazione politica, la mia estrazione sociale, la mia esperienza di vita ma sono abituata, orgogliosamente abituata, a gestire la mia vita in liberta' e autonomia e nel profondo desidero e mi applico perche' anche la liberta' e l'autonomia altrui sia valorizzata. Proverei un profondo disagio nel ritirare danaro, stipendio o quant'altro dal mio servo. Disagio per il gesto e disagio per la sua liberta' elementare.
Si tratti di sottomessi o meno, il rapporto di appartenenza devo sentirlo nel cuore e lo apprezzo maggiormente quando si manifesta nella liberta'. In quei momenti sento il mio potere e non quello delle imposizioni. Che il mio servo si occupi del mio benessere in senso lato insomma, ma restando consapevole che si tratta sempre di doni reciproci.

Chi l'ha scritto